Amarcord, Fiat, Indimenticabili
Fiat 1400: la più americana
- Nico Sgarlato
- 18 giugno 2015
La FIAT stava già studiando una berlina di classe medio-superiore di concezione molto innovatrice prima che l’Italia fosse travolta dalla seconda guerra mondiale. Poi tutto si fermò e l’ing. Dante Giacosa, direttore tecnico del settore auto, riprese il tema solo nel dopoguerra, creando quella che fu definita “automobile europea” ma in realtà era la più americana tra le auto italiane.
Oggi il mercato automobilistico italiano è dominato da SUV e monovolume e gli appassionati di auto più giovani non sanno quanto fosse stata faticosa la conquista del “terzo volume”. Infatti, fino alla metà degli anni trenta, le auto italiane avevano carrozzerie che non prestavano particolare attenzione al Cx, avevano il parabrezza piatto, grandi parafanghi non integrati nella carrozzeria e, soprattutto, erano rigidamente a due volumi; solo con la FIAT Ardita – nome in linea con gli slogan del mondo politico di allora – cominciò ad apparire un abbozzo di “baule”. Una prima piccola rivoluzione nel design si ebbe con la 1500 del 1935, con maggiori concessioni all’aerodinamica (la formula era chiamata “stream-line”); questo stesso disegno si estese ad altri modelli e la copertura della ruota di scorta diventò una sorta di terzo volume. Un passo più deciso si ebbe con la 500C Topolino del 1949 e la 1500E dello stesso anno; le loro carrozzerie, però, avevano ancora i parafanghi anteriori ben differenziati.
Sezione trasversale per i motori FIAT 1300/1900, con doppia accensione (il disegno è dell’11 gennaio 1940).
Le sospensioni anteriori a flessibilità variabile, disegnate dall’ing. Dante Giacosa per il progetto 1900; la carreggiata è di 1,38 m ed il disegno è datato 22 settembre 1943.
Le viste esterne del progetto 1900 Esp.II, versione del maggio 1941, simile (a parte il disegno del muso) al prototipo effettivamente costruito. La linea era chiaramente ispirata a quella delle auto americane del 1940.
Le viste esterne del progetto 1900 Esp.II, versione del maggio 1941, simile (a parte il disegno del muso) al prototipo effettivamente costruito. La linea era chiaramente ispirata a quella delle auto americane del 1940.
La sezione longitudinale del cambio progettato nel maggio 1942 per la 1300 Esp.I.
Due differenti versioni del progetto di carrozzeria della FIAT Tipo 101E1 (1300), disegnati tra dicembre 1945 e gennaio 1946.
Negli Stati Uniti, invece, l’evoluzione era stata più rapida: la stampa italiana riportava immagini dei divi di Hollywood con le loro Cadillac disegnate da Franklin Q. Hershey sotto forma di modelli con un grande bagagliaio posteriore (anche se non mancavano i coupé fastback). Per chi allora era in età da sognare un’automobile, il design americano costituiva il principale polo d’attrazione, mentre in Italia giravano per le strade ancora molte 508 Balilla, due volumi con ruota di scorta esterna.
Alla FIAT, quando non soffiavano ancora i venti di guerra (si combatteva in Spagna ma non si pensava che si sarebbe trattato di una sorta di prova generale del ben più esteso conflitto successivo), l’ing. Dante Giacosa assunse la responsabilità del settore auto ed iniziò a lavorare su un nuovo modello della linea “stream-line”, la 700, una berlina a quattro porte e quattro posti che introduceva la soluzione della carrozzeria portante. Il motore era un nuovo quattro cilindri in linea con basamento in alluminio (come in alluminio era anche la scatola del cambio, per l’esigenza di contenere il peso entro i 650 kg). Furono costruiti dei prototipi ed il 15 maggio l’auto fu presentata al capo del governo, ma la prevista produzione non decollò mai perché nel settembre 1939 scoppiò la guerra e si sapeva che, prima o poi, vi sarebbe stata coinvolta anche l’Italia.
Nel piano di rinnovamento della gamma FIAT, oltre la 700 Giacosa aveva anche altri modelli, una 1300 a quattro posti ed una 1900 a cinque posti. Per la 1900 fu progettato un sei cilindri, con basamento in lega leggera, canne riportate e doppia accensione (due candele per cilindro) con una potenza prevista in 60 CV a 4.400 giri/min; per la 1300 lo stesso motore fu “tagliato” a quattro cilindri, per 36 CV allo stesso regime. Entrambi i modelli avevano soluzioni molto nuove: erano a carrozzeria portante ed avevano sospensione anteriore a ruote indipendenti, secondo un progetto brevettato dallo stesso Giacosa.
In apparente contraddizione con quanto abbiamo detto a proposito della carrozzeria, il prof. Vittorio Valletta (prima direttore generale e poi amministratore delegato della FIAT) prestava molta attenzione a ciò che si faceva negli Stati Uniti e là il design delle carrozzerie era all’avanguardia ma la carrozzeria portante non aveva ancora attecchito. Tuttavia, nel 1939, il consiglio d’amministrazione approvò la costruzione della 1900, l'”auto senza telaio” che era già alla fase della costruzione del prototipo, in anticipo rispetto alla 1300. La carrozzeria si differenziava dalla “stream-line”, non aveva più il muso “a incrociatore” e i parafanghi erano meno prominenti. Con quattro porte e due “luci” per lato (come si indicavano allora i finestrini), ricordava i modelli Ford del 1941.
Il prototipo funzionante della Tipo 101E1, fotografato il 15 ottobre 1946; come si vede, le sue linee ricordano quelle delle berline americane del 1940/1941.
Lo schema delle sospensioni della Tipo 101A o 1400A, in un disegno datato 25 maggio 1954.
La sezione del motore 101A, montato sulla 1400A, la seconda versione di serie; la potenza passava da 44 CV a 4.400 giri/min a 50 CV a 4.600 giri/min, con rapporto di compressione aumentato da 6,7:1 a 7:1.
Sezione trasversale del cambio della terza versione di serie, la 1400B (101B) del 1956, simile a quello presente anche su alcune serie della 1900B (105B) che, però, normalmente aveva un cinque marce.
Due viste del volano smorzatore pendolare progettato per il motore 105 della FIAT 1900. Per quest’auto, realizzata anche nella versione 1900 Gran Luce (berlina due porte) e Torpedo Polizia (Cabriolet), fu poi adottato un giunto idraulico (convertitore di coppia) tra motore e cambio.
Sezione della 1400, in una delle tipiche tavole a colori che la FIAT faceva preparare per tutti i suoi veicoli.
Il consiglio d’amministrazione della FIAT volle che la Tipo 101 o 1400, presentata a Ginevra nel marzo 1950, si adeguasse ai canoni stilistici “pontoon-side” delle Kaiser-Frazer del 1947.
L’attività procedette, sia pure con priorità ridotta, ed il 7 maggio 1941 fu completato il disegno chiamato 1900 Esp.II; un anno esatto dopo fu definito il progetto del cambio.
L’attività, tuttavia, dovette essere sospesa quasi del tutto per il pericolo dei bombardamenti sul Lingotto e, d’altra parte, a Giacosa furono assegnate altre priorità, come i motori aeronautici e i veicoli militari.
Passata la bufera della guerra, l’1 giugno 1946 l’ingegnere presentò un nuovo programma, vertente sulla Tipo 100, che attraverso successive elaborazioni diventerà quella che abbiamo conosciuto come 600, la Tipo 101 che riprendeva l’esperienza della sperimentale 1300 e darà origine alla 1400, e la Tipo 102, basata sul progetto francese AFG (Aluminium Française-Grégoire), destinata alla SIMCA francese (allora controllata dalla FIAT).
Il via alla Tipo 101, nella versione E2, fu dato il 29 ottobre 1946, pochi giorno dopo il completamento del prototipo 101E1, il cui progetto definitivo era stato siglato il 16 gennaio 1946. Basato sul disegno della 1900 del 1939, aveva un motore da 1.270 cm3 (con alesaggio di 72 mm e corsa di 78 mm). L’auto, tuttavia, non piacque al prof. Valletta che voleva qualcosa di più grande e si passò alla 101E2, con motore quadro (alesaggio di 75 mm e corsa uguale) di 1.325 cm3 e nuove sospensioni, studiate per eliminare la necessità della barra stabilizzatrice. Questa soluzione si ispirava a quella studiata per la monoposto Cisitalia, con molle elicoidali e due bracci longitudinali a semibalestra che collegavano il ponte alla scocca, con un particolare ancoraggio trasversale che conferiva una certa elasticità laterale.
A questo punto la Tipo 101E2 avrebbe visto la luce con un aspetto non molto dissimile da quello di una berlina americana del 1940 ma con una griglia del radiatore simile a quella di una Lancia Astura. Questa volta il progetto non fu respinto ma Valletta decise ugualmente che, prima di dare il via, Giacosa, accompagnato da uno staff tecnico ad alto livello (ing. Rambaldo Bruschi e comm. Alessandro Genero, in rappresentanza del consiglio d’amministrazione, e ing. Gaudenzio Bono, direttore generale) si recasse negli Stati Uniti per farsi un’idea precisa dello stato dell’arte della più avanzata industria automobilistica mondiale: era il maggio 1947. Giacosa nella sua autobiografia non lo precisa ma in questo viaggio, o in uno immediatamente successivo, si recò negli USA anche Giuseppe Alberti, capo dell’Ufficio Carrozzerie.
Giacosa trascorse un mese a Detroit e, in particolare, ebbe colloqui con A. G. Herreshoff, responsabile dei progetti avanzati della Chrysler, e con i dirigenti della Budd, per consulenze sulla realizzazione degli stampi per carrozzerie di disegno moderno.
A questo riguardo è necessario aprire una breve parentesi; negli Stati Uniti dalla metà degli anni trenta si portavano avanti tentativi per svincolare definitivamente e completamente l’automobile dalla concezione della carrozza per passare a soluzioni non prive di una certa ispirazione al mondo dell’aeronautica, con grande attenzione alla riduzione della resistenza aerodinamica. Realizzazioni di questo genere nascevano anche in Europa, con le Pontonkarrosserien (un concetto al quale attinse in parte anche quella che diventò la Volkswagen) ma fu negli Stati Uniti che se ne tentarono applicazioni più radicali. Il designer Alexander S. Tremulis che, tra l’altro, lavorò per la Briggs-Le Baron, nel 1941 creò la concept Chrysler Thunderbolt, una spider che sposava in pieno i canoni del “pontoon-side”, con una lunga fiancata completamente indifferenziata, nella quale le ruote erano quasi del tutto nascoste. Tuttavia, di lì a poco, gli Stati Uniti entrarono in guerra e le “majors” procedettero secondo soluzioni più tradizionali
A riprendere il concetto “pontoon-side” (“ponton”, infatti, rimane invariato in francese e tedesco mentre in inglese diventa “pontoon”) fu una “new entry”, la Kaiser-Frazer che fece disegnare a Howard (Dutch) Darrin una “pontoon car” da realizzare come Frazer Standard e Manhattan e come Kaiser Special e Custom Model Year 1947; dell’industrializzazione delle carrozzerie fu incaricata la Budd. Questi modelli piacquero e furono venduti in 139.249 esemplari.
Il successo della Kaiser-Frazer non era sfuggito agli operatori del mondo dell’automobile e, d’altra parte, Valletta sapeva che per rinnovare la gamma della FIAT sarebbero stati necessari forti investimenti e solo dalle banche americane si sarebbero potuti avere i finanziamenti necessari. Così, l’uomo al vertice della FIAT pensò che tutto sarebbe stato più facile presentando un progetto “più americano” e disse a Giacosa: “Potrebbe darsi che si debba costruire la 101 negli Stati Uniti” evenienza che, peraltro, non fu mai concreta.
A questo punto l’ormai superata 101E2 fu archiviata e sostituita dalla 101E3. Quest’auto sarebbe stata ispirata nel design soprattutto alla Frazer Standard 1947, con carrozzeria portante e collaborazione della Budd per la costruzione degli stampi e delle attrezzature di fabbricazione e per i processi di saldatura. All’interno vi sarebbe stato un sedile anteriore a panchina unica (per accogliere fino a tre persone), con comando del cambio al volante.
Nella primavera del 1948 si creò una certa tensione tra Giacosa ed il management del gruppo, perché il direttore del settore auto si sentiva troppo compresso tra requisiti e specifiche dettati più da ragioni commerciali e politiche che tecniche e, in particolare, il previsto motore di 1.325-1.398 cm2 gli sembrava troppo piccolo per un’auto di 1.010-1.020 kg. L’inseguirsi di aumento di peso e cilindrata continuò ed alla fine si giunse al compromesso di un’auto da 1.040 kg con un motore Tipo 101 a quattro cilindri di 1.395 cm3 “sottoquadro” (alesaggio 82 mm, corsa 66 mm) da 44 CV a 4.400 giri/min.
Chiamata 1400, la FIAT 101 fu presentata dal Salone di Ginevra del 1950 e su accolta con successo. La direzione commerciale FIAT riprese l’idea della doppia cilindrata e introdusse, al Salone di Parigi del 1952, la 1900 (Tipo 105) con un quattro cilindri da 1.901 cm3 (alesaggio 82 mm, corsa 90 mm). Di questo motore fu costruita anche una versione Diesel (Tipo 305) utilizzata dalla 1400 Diesel, prima autovettura italiana con questo tipo di propulsione, già adottata in precedenza sul fuoristrada Campagnola e sull’autocarro leggero 615N.
La FIAT, con la 1400, proiettò il mercato automobilistico italiano nell’era dei “tre volumi senza compromessi” e compì il salto di qualità grazie alla diretta ispirazione da parte del “made in USA”. Quest’auto uscì di produzione nel 1957 ma continuò ad essere costruita dalla licenziataria SEAT fino al 1963 (anche se dal 1960 aveva la carrozzeria della 1800).
Gli interni della Kaiser Special Model Year 1947, della quale la FIAT 1400 ricalcava molte soluzioni.
La Frazer Manhattan 1947 mostra evidentemente di essere l’ispiratrice, per quanto riguardava il design, della FIAT 1400.
Le berline Kaiser e Frazer del 1947 in un’inserzione pubblicitaria. Persino il colore verde della Kaiser era ripreso nella pubblicità della 1400.
La 1900 era quasi indistinguibile dalla 1400 ma aveva una calandra leggermente diversa ed una modanatura lungo la fiancata.
Particolarmente americaneggiante era anche l’aspetto della 1400 Cabriolet. In versione con motore da 1,9 litri fu costruita anche per la Polizia Stradale.
Nel 1954 la carrozzeria fu sottoposta ad un leggero restyling dando vita alla 1400A (101A) con una forma più moderna delle luci di coda.
Nel 1956 apparvero le versioni finali 1400B, 1900B e 1900B Gran Luce, con motore ulteriormente potenziato, verniciatura bicolore e faro fendinebbia centrale (di lì a pochi anni dichiarato fuorilegge).
Un successivo esempio di ispirazione al design americano (anche se non così diretto) vi fu tra il 1958 ed il 1960 quando la FIAT volle sviluppare un’auto intermedia tra la 1100 e quelle di gamma superiore, in grado di fare concorrenza all’Alfa Romeo Giulietta TI. Inizialmente il designer Mario Boano per quella che si chiamava Tipo 116 (poi 116 da 1,3 litri e 115 da 1,5 litri) realizzò dei manichini basati sulla concezione stilistica della contemporanea 1800 (Tipo 112). La direzione commerciale, però, temeva che la soluzione “spigolosa” scelta per le 1800/2100 potesse essere desinata ad invecchiare troppo rapidamente; la delegazione FIAT al Salone di Torino vide la Chevrolet Corvair, progettata da Ed Cole, e ne trasse la convinzione che un design così fuori dagli schemi sarebbe rimasto valido più a lungo. Si decise allora di adattare una carrozzeria ispirata a quella della discussa Compact Car americana al pianale 116 e ne nacque un nuovo successo. La stessa soluzione fu alla base della famiglia delle NSU Prinz (per le quali esisteva un “imparentamento” con la FIAT), della sovietica ZAZ 966, dell’inglese Hillman Imp ed altre ancora.
Il mondo automobilistico, però, di lì a poco avrebbe affrontato nuove mode e nuovi grandi cambiamenti anche se per la FIAT non mancarono ulteriori “momenti americani” ma non furono più legati a modelli così duraturi ed importanti.