Pubblico questo articolo in quanto il Turbo Daily ha segnato momenti particolari della mia vita come officina mobile era un mezzo stupendo credetemi.
Non è usuale che da queste pagine si esuli da argomenti prettamente automobilistici. In questo caso, ci concediamo una deroga per illustrarvi la storia di un mezzo da lavoro, “un mulo” che da trent’anni, senza alcuna celebrazione, solca instancabile le strade del mondo in centinaia di migliaia di esemplari: il Daily Iveco.
La storia di questo mezzo polivalente inizia agli albori degli anni Settanta e coincide, di fatto, con la nascita di quello che veniva indicato come “consorzio I.VE.CO.”, acronimo di Industrial Veichles Company.
Il tutto si riferisce a quando in Fiat decisero che i tempi erano maturi per una razionalizzazione del settore dei veicoli da lavoro, fino ad allora caotico e popolato da numerosi brand con linee di prodotto affini e gamme sovrapponibili: Fiat, Lancia, OM, UNIC, Pegaso e Magirus-Deutz.
L’Iveco avrebbe riunito i marchi sotto un’unica bandiera e il Daily, nel suo piccolo, avrebbe fatto ordine nel segmento dei commerciali e degli industriali leggeri. Nella categoria fino a 35 quintali, infatti, vi erano essenzialmente il vetusto Fiat 238 - ultima evoluzione del 1100 T degli anni Cinquanta - e il poco apprezzato furgone 242 – nato dal matrimonio Fiat-Citroen – mentre, nella gamma da 35 a 50 quintali, vi erano le varie evoluzioni dei “cuccioli” OM (i vari Leoncino, Lupetto, Cerbiatto ecc…), diventati nel frattempo Fiat-OM 40/50.
Questi erano disponibili sia con la classica, rotondeggiante, cabina OM, sia con la nuova cabina Fiat, quella che sopravviverà fino agli anni ’90 nell’Iveco Zeta. Scontato che, vista la tecnica da veicolo “pesante”, questi ultimi erano mezzi penalizzati nelle portate minori a causa di una tara eccessiva e di doti stradali ben poco automobilistiche.
Di spessore, quindi, la “mission” del nuovo veicolo, che sarebbe stato anche il primo nato interamente in Iveco: essere efficiente nei segmenti inferiori, con cabine moderne, motorizzazioni efficienti e telaistica robusta, e nei segmenti superiori, migliorando comfort e guidabilità e, soprattutto, razionalizzando il rapporto tara/carico utile.
Per centrare gli obiettivi, i tecnici progettarono un telaio semplicissimo con due longheroni uniti da elementi trasversali (disponibile in numerose varianti di passo), sospensioni anteriori a doppio triangolo con ammortizzatore idraulico e molla a barra di torsione e sospensioni posteriori a ponte rigido con balestre.
I motori erano anteriori longitudinali, raffreddati a liquido e con cambio in linea – a cinque rapporti o automatico a tre - e trazione posteriore. Questo, il semplice impianto di base, che si presterà, come vedremo ad una miriade di varianti e implementazioni. Sul telaio venne montata una cabina moderna, ispirata nel profilo a quella del Fiat 242: linea monovolume, con il cofano motore quasi in linea con l’inclinazione del parabrezza e frontale sfuggente.
Una grande calandra anteriore, segnata da due fari circolari, completava il tutto. L’abitacolo godeva di un’ottima visibilità, grazie alle grandi superfici vetrate, mentre la comoda posizione di guida coniugava i vantaggi di un’impostazione camionistica (seduta verticale e volanti quasi orizzontale) a design, finiture, rivestimenti e attitudini dinamiche più vicine ad una normale vettura che ad veicolo industriale.
In questa configurazione il Daily esordì: era il 1978.
Il telaio era disponibile in più “portate” (da 30 a 49 quintali) e allestimenti “scudato” (con le sole parti meccaniche e la plancia), “carro”, “furgone”, “combi” e “minibus”, mentre le motorizzazioni erano due: il diesel SOFIM da 2445 cc, aspirato da 72 cv e il classico benzina 1995 cc Fiat, a carburatori e monoalbero, da 82 cv, dedicato alle sole versioni da 30 e 35 quintali.
Commercialmente furono utilizzati, in Italia, il marchio Fiat-Iveco, per i Daily e il marchio OM-Iveco per i gemelli Grinta: i tempi non erano ancora maturi per un’utilizzazione “totale” del neonato brand Iveco. Le varie versioni si riconoscevano per il “codice” Fiat composto dal peso, in quintali e dalla potenza del propulsore, arrotondata e espressa in decine di cavalli, separati da una “F” (per i Fiat) o dalle lettere “OM”, per i Grinta: le versioni a benzina erano identificati come 30F9 e 35F9, mentre i diesel variavano dalla 30F8 alla 49F8.
Nel 1981 al 2.4 diesel fu aggiunto il turbo: i cavalli divennero 92 e nacquero i TurboDaily e i TurboGrinta, identificati dalle nuove sigle Iveco che vede i due valori separati da un punto. I modelli Turbo si identificavano da un .10 accanto al peso in quintali. Nello stesso anno, il piccolo Iveco trovò un partner nel più leggero Fiat Ducato, destinato con i gemelli Citroen, Peugeot e Talbot a diventare un altro best-seller europeo.
Seguì, quindi, la versione a quattro ruote motrici. Basati sul telaio 40.10W (la “W” indica le versioni 4x4) a passo corto, i TurboDaily 4x4 usufruivano di una catena cinematica quasi da mezzo agricolo: cambio a cinque marce con rapporti ravvicinati, bloccaggio manuale del differenziale e dei mozzi anteriori (quest’ultimo da effettuare con apposita chiavetta direttamente sul mozzo) e riduttore a due velocità: se guidato con dovizia ed equipaggiato con la gommatura adatta, grazie alle dieci marce era praticamente inarrestabile. Si differenziavano dalle versioni normali per l’assetto rialzato, i cerchi da 16” e i paraurti tubolari in metallo. Unico neo di queste versioni erano le prestazioni ridotte: su strada, a causa dei rapporti corti, era difficile andare oltre i 110 km/h, valore raggiunto quasi al limite del fuorigiri.
Nel 1983, il marchio Iveco divenne protagonista: sparirono i loghi Fiat e OM in previsione del pensionamento della famiglia dei Grinta. Da allora, fino al 1990 ci fu una serie di progressivi aggiornamenti: la versione cassonata a sponde ribaltabili con i motori meno potenti divenne Iveco Duty, la portata del telaio più grande passò da 49 a 50 q.li e il nuovo 2.5 SOFIM ad iniezione diretta da 103 cv, soppiantò il vecchio motore da 92 cv per le versioni .10, mentre, dotato di intercooler e 120 cv, diede i natali alla prestazionale versione .12.
Contemporaneamente allo sviluppo delle versioni civili, l’Iveco di Bolzano (ex stabilimento Lancia V.I. riconvertito per usi militari) sfruttò il telaio 40.10W per realizzare il V.M., un veicolo multiruolo realizzato secondo gli standard NATO, disponibile in versione “torpedo”, con una capote in tela e, in versione blindata chiusa, il cosiddetto VM Protetto.
Nonostante la vocazione prettamente militare, il V.M. torpedo ha fatto da base per una molteplicità di veicoli di uso “specialistico”: da mezzo antincendio in dotazione al Corpo Forestale dello Stato e ai Vigili del Fuoco, a veicolo operativo per le squadre di aziende ed enti pubblici operanti in zone impervie. Un’altra variante sul tema fu il Fissore Magnum.
Sviluppato nel 1983 dalla carrozzeria Rayton-Fissore di Cherasco, era un suv di alta gamma installato sulla meccanica del 4x4 con gli opportuni affinamenti. Rimase sempre ai margini del mercato, complici il design troppo moderno – che lo faceva simile ad una Fiat Uno lievitata – il prezzo elevato ed un’affidabilità non sempre ineccepibile. Commercialmente ebbe una vita abbastanza lunga, gli ultimi sviluppi risalgono agli albori del 2000, sbarcò in NordAmerica e fu spinto oltre che dai motori Fiat, anche dal 2.5 V6 Alfa Romeo e da una serie di V8 Ford.
Nel 1990, a dodici anni dall’esordio, il Daily si rifece il trucco. Dal punto di vista meccanico, sparirono le versioni a benzina e i modelli diesel furono “ripuliti” mantenendo i medesimi livelli di potenza. Il telaio perse la versione 40 quintali a due ruote motrici e divenne disponibile nella nuova “pesante” da 59 (che avrebbe mandato in pensione parte della gamma Zeta) e una profonda opera di aggiornamento dell’estetica, rese il mezzo capace di affrontare la concorrenza.
Un generale ammorbidimento delle linee interessò la cabina: il frontale fu ridisegnato, con una nuova calandra e fari trapezoidali, mentre i montanti del parabrezza divennero raccordati al nuovo cofano grazie ad intelligenti carenature in plastica. L’abitacolo fu completamente rivisto. Cambiarono i sedili e i pannelli porta e la plancia, totalmente nuova, ospitava un quadro strumenti che inglobava i comandi secondari, con contagiri di serie ed una nutrita batteria di spie, una console centrale con un capiente vano portaoggetti e un ampia mensola davanti al passeggero.
Divennero disponibili accessori come il ceck-control e gli alzacristalli elettrici, mentre l’impianto di climatizzazione migliorò in efficienza grazie alla nuove bocchette meglio distribuite. Il Daily degli anni Novanta mantenne la leadership del mercato nei segmenti da 35 a 60 quintali, confermando la validità di un progetto ormai collaudatissimo.
Nel 1996 un nuovo aggiornamento, questa volta alla gamma e alla meccanica. Commercialmente divenne disponibile la versione Basic, con allestimenti semplificati, e Classic, meglio equipaggiata, mentre i motori subirono un’ulteriore trattamento ecologico in ossequi alle normative “EURO 2” e si rese disponibile l’ABS. Con l’occasione fu rinfrescata la grafica degli strumenti, rivestita la plancia con un materiale più piacevole al tatto e nuovamente cambiate le sellerie, con nuove schiume. Questa versione è riconoscibile per la calandra, a tre elementi orizzontali e i gruppi ottici posteriori di maggiori dimensioni.
Sulla base del Daily ‘90, fu approntato il 40.10W in versione Combi 9 posti, allestito per esigenze di ordine pubblico, sempre conforme ai capitolati NATO. Si differenziava dal modello di serie per l’adozione di cristalli laterali in plexiglass, l’allestimento spartano del vano passeggeri, serrature supplementari alle portiere e un impianto elettrico sviluppato ad hoc per l’alimentazione dei sistemi di bordo. Era dotato dei normali apparati radio e di un particolare impianto antincendio. Dalla stessa costola sono nati anche i mezzi blindati per ordine pubblico e trasporto detenuti. Realizzati sul telaio 59.12 a passo lungo e dotati di sofisticati impianti di aerazione e trattamento dell’aria, sono in uso all’Arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza e alla Polizia Penitenziaria.
Con il nuovo millennio il Daily cambia pelle, radicalmente. I nuovi accordi commerciali di Iveco, che nel frattempo avrà acquisito la divisione autobus di Renault V.I. (dando i natali alla Irisbus), permettono di studiare per il classico telaio del 1978 una nuova cabina proprio in collaborazione con la casa francese.
Il nuovo Daily sarà, quindi, il collaudatissimo e sempre valido mezzo conosciuto, pur essendo esteticamente moderno e imparentato con i Renault Master/Mascott e con l’Opel Movano. Ma se le linee principali della cabina sono le stesse, nell’abitacolo i designer italiani sono rimasti fedeli alla tradizione che vuole l’abitacolo del piccolo di casa Iveco particolarmente curato, in questo caso con una plancia avvolgente ed una strumentazione ricca ad elementi circolari.
Questa volta sono disponibili i vetri e gli specchi elettrici, mentre airbag e aria condizionata non saranno più un miraggio riservato solo alle versioni passeggeri. La leva del cambio non sarà ospitata nella console. Tutti nuovi i motori, sovralimentati ad eccezione del CNG, a metano, e scompare la denominazione “turbo”: il TurboDaily torna semplicemente Daily.
La gamma di telai si arricchisce, in basso, della versione leggera da 28 quintali e in alto della pesante da 65, ormai quasi concorrente dell’Eurocargo. I motori vengono tutti rinnovati, con cilindrate di 2.3 e 3.0 litri con vari livelli di potenza fino a 176 cv. Trasmissione manuale a 5 o 6 rapporti e sequenziale AGile a 6 marce. Scompare la versione ufficiale 4x4, la cui costruzione sarà demandata a piccole officine esterne. Risale al 2006, invece, l’ultimo restyling firmato Giugiaro, che ne ha ammorbidito ulteriormente le linee e razionalizzato gli interni.
In tutti questi anni, il Daily è stato prodotto in numerosi impianti esteri, dalla Serbia all’Inghilterra (dove nei primi anni ’90 era commercializzato dalla rete Iveco-Ford, avendo la casa torinese appena completato la scalata alla Ford V.I. inglese), alla Cina. Proprio quest’ultima è definibile come la seconda patria del veicolo multiuso torinese. Oltre alla versione attuale, infatti, in Cina continua la produzione del TurboDaily del ’90, in versione militare 40.10W Torpedo e 40.10W Combi per eserciti e forze di polizia locali, e nella rinnovata veste PowerDaily, anch’essa dedicata al solo mercato interno. In quest’ultima la vecchia cabina del 1990 è stata oggetto di un profondo restyling: gli spigoli sono stati ulteriormente smussati, la linea di cintura è a cuneo, l’intero complesso frontale sfoggia un parabrezza incollato, fari e calandra specifici e l’abitacolo è caratterizzato da una plancia moderna, con la leva del cambio riposizionata in alto.
Altra particolarità sono i Daily prima serie commercializzati fino alla metà degli anni Ottanta dall’Alfa Romeo. Identificati come 35AR8 e 40AR8, avrebbero dovuto risollevare insieme ai più piccoli AR6 (gemelli del Fiat Ducato), la gamma dei commerciali Alfa, fino ad allora arenatasi sui vecchi F12 e sui leggeri di derivazione Renault-Saviem, risalenti agli anni ’60. Gli AR8, tecnicamente identici ai modelli Iveco, essenzialmente si riconoscevano per il frontale adornato da uno scudetto stilizzato. Ebbero vita commerciale breve e finirono principalmente nei parchi auto di aziende ed enti pubblici (non è raro vederne ancora qualche esemplare in livrea ANAS).
Questa è la storia “insospettabile” dell’umile Daily: i passi appenninici, le infinite statali australiane, le aree urbane di mezzo mondo ed anche i più tristi scenari bellici, sono i suoi campi d’azione che, da trent’anni continua ad affrontare con incredibile efficacia e spirito d’adattamento.
Chi l’avrebbe mai detto: in fondo è solo un “camioncino”…
FONTE: http://www.omniauto.it/magazine/3454/iveco-daily